Consumi alimentari in continuo cambiamento

Italia

I consumi di carne e di latte stanno leggermente calando e numerosi sono i gridi di allarme da parte di produttori e trasformatori di questi alimenti, incolpando diverse cause e tra l’altro scoprendo che forse non è molto importante il ruolo dei vegani.

Un antico proverbio dice che “quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”, e anche in questo caso non bisogna fermarsi alla superficie delle cose e degli eventi, ma coglierne la verità in profondità. Anche per i consumi alimentari la luna, e cioè l’origine dei cambiamenti alimentari, è il mutamento in corso della società, e in particolare delle famiglie con i loro stili di vita e di cucina.

Altrimenti non si può comprendere quel che è avvenuto nel passato, quando la vera rivoluzione alimentare italiana del decennio 1951-1961 vede un impressionante aumento di tutti i consumi: la carne passa da 14,8 a 25, 9 Kg pro capite/anno, la frutta da 16,6 a 61, 5 Kg, le verdure da 36,5 a 112,7 Kg e il consumo del pesce da 2.9 Kg sale a 7.2 Kg pro capite/anno.

Consumi alimentari, stili di vita e famiglia in trasformazione

Negli ultimi anni la famiglia, nella società occidentale, subisce grandi trasformazioni. Diminuisce fortemente il numero dei figli, molte famiglie sono formate solo dalla coppia di coniugi, aumenta il numero di persone che vivono da sole, e crescono i matrimoni e le convivenze tra persone di diversa etnia. Di conseguenza mutano gli stili di vita e alimentari.

Nelle città, dove vive la maggior parte degli italiani, la colazione si fa al bar, e un cappuccino non è una tazza di latte. Chi lavora a mezzogiorno fa un breve pasto in una mensa o tavola calda dove non si mangiano lesso o bollito, e neppure bistecche. In Italia si sono allentati, se non scomparsi del tutto, molti dei legami regionali con le cucine, e la pizza, la pasta secca, un certo tipo di caffè e tanti altri alimenti da locali sono divenuti nazionali. L’Italia si è aperta al turismo e gli italiani sono diventati turisti che hanno imparato a conoscere le cucine degli altri paesi. Inoltre, da quando in Italia vivono 5 milioni di stranieri questi hanno portato con sè le loro cucine che sono sperimentate soprattutto dai giovani.

In questi cambiamenti non deve stupire che il consumo di latte sia in diminuzione, sostituito da altre bevande, e che la carne sia in calo ed in parte rimpiazzata dal pesce, anche in conseguenza delle conoscenze acquisite con l’affermarsi di un suo ruolo salutistico. Le carni di molti animali, soprattutto selvatici e semiselvatici, sono state quasi abbandonate, e al tempo stesso cambiano i tradizionali metodi di cucina, con la quasi totale scomparsa, per esempio, dei cibi lessi, stracotti e fritti. Importante è il tempo di preparazione dei cibi, in particolare per le carni: si ricorre infatti sempre di più a lavorati o semilavorati.

Se una donna di due generazioni fa impiegava una mattinata per preparare un sugo o un ragù, e la donna della generazione da poco trascorsa in mezz’ora cucinava un sugo, una coppia che lavora o un single oggi usa un buon ragù già pronto che interpreta una tradizione adeguata all’oggi. Proprio per la comodità di uso delle carni, assistiamo al persistente successo dei salumi che si prestano a un’alimentazione rapida, con un consumo annuo pro-capite apparente di circa 17 kg e un consumo pro-capite reale di circa 12 kg. Il salume più consumato è il prosciutto cotto, seguito dai prosciutti crudi e dalla mortadella. Più staccati il salame, la bresaola e gli altri affettati. Costante e graduale è l’aumento del prosciutto crudo e cotto, mortadella e wurstel, salami e bresaola.

Alimentazione da tradizionale a industriale

L’industrializzazione del cibo è al tempo stesso causa e conseguenza di un aumento delle variazioni nei consumi, che comportano altri cambiamenti del rapporto tra gli individui e il cibo e al tempo stesso contribuiscono a determinarli.

Un primo cambiamento riguarda una definitiva e irreversibile trasformazione dei cittadini in consumatori, che cancella le vestigia di un passato quando la maggior parte della popolazione viveva in campagna e produceva gli elementi basilari della sua alimentazione. Proiettati nel mercato, alla fine del secolo scorso, gli italiani entrano in un’alimentazione che assume i caratteri di unico spazio dello scambio tra produttori e consumatori. I primi sono quasi esclusivamente imprese, manifatturiere o commerciali, di alimenti freschi e trasformati, i secondi sono individui, mentre le nuove famiglie considerano il cibo come ogni altra merce, del tutto simile a una lavatrice, un’aspirapolvere, una rivista, un viaggio turistico per cui diviene importante la marca commerciale o collettiva. Nella nuova società, nella quale viviamo, i bisogni alimentari sono soddisfatti da un processo nel quale il loro aumento e le loro variazioni sono governati non più dalle tradizioni ma dai nuovi stili di vita, e da bisogni plasmati da suggestioni ed emulazioni.

Alimentazione in una società in evoluzione

Gli effetti sui consumi del nuovo orizzonte culturale e nutrizionale sono difficili da misurare con precisione perché i cambiamenti in atto riguardano anche le aspettative e le propensioni dei consumatori, le informazioni continuamente mutanti sui mezzi di comunicazione, e i messaggi delle industrie sui prodotti venduti in contrasto più o meno palese anche con i “mercati della terra” dove piccole comunità di produttori entrano direttamente a contatto con gruppi di consumatori nel tentativo di un ritorno al locale, non contro ma dentro il mondo globale, le cui dinamiche sono oggi in piena evoluzione.

Non da ultimo va ricordato che i consumi alimentari sono inscritti in un quadro generale, e che quando si è raggiunto un certo alto livello questo è modificabile solo nella misura nella quale un aumento di una derrata incide negativamente su altre derrate dello stesso genere. Per esempio, e considerando i grassi alimentari, se gli italiani negli ultimi cinquanta anni hanno raggiunto un consumo di circa 13 chilogrammi di olio di oliva, senza contare altri oli tutti di facile uso anche perché liquidi, è inevitabile la diminuzione dei grassi alimentari solidi quali il burro e la quasi scomparsa del lardo e dello strutto. In modo analogo è per il comparto degli alimenti proteici di origine animale, nei quali si può solo pensare a spostamenti tra carni, pesci e uova, o tra carni delle diverse specie animali.

Nella luna dei consumi alimentari globali scarso, se non nullo, significato ha il dito che indica un singolo aumento o diminuzione di un alimento, senza ricercarne non solo le cause, ma soprattutto gli effetti sulle altre componenti del quadro alimentare e della loro economia.