Microelettronica e chip per combattere le frodi alimentari (Germania)

Europa

Ogni anno in Europa vengono venduti circa 10.000 tonnellate di cibo contraffatto e un milione di litri di "bevande spazzatura"; l'Unione Europea stima il danno in 30 miliardi di euro. Consumatori e rivenditori hanno spesso difficoltà a capire se un costoso champagne sia in realtà uno spumante a basso costo o se un pregiato prosciutto di Parma sia un prodotto di massa di qualità inferiore. Scienziati, produttori alimentari e rivenditori vogliono ora ricorrere a nuovi metodi per smascherare i truffatori.

Attraverso le analisi isotopiche gli ispettori possono gia' verificare se una presunta feta sia stata effettivamente prodotta in Grecia o un Aceite de Madrid provenga realmente dai dintorni della capitale spagnola. Gli isotopi possono infatti fornire informazioni sulla qualita' del suolo, sulla temperatura e persino sulla distanza dell'area di coltivazione dal mare. Mettendo a confronto questi valori con precedenti analisi isotopiche presenti nei database gli esperti sono cosi' in grado di determinare l'origine dei prodotti. Per alcuni prodotti questo metodo non e' tuttavia sufficiente. Il Parmigiano Reggiano, ad esempio, puo' essere prodotto solo in cinque zone del Nord Italia, con latte crudo, acqua e sale. Per attestarne l'autenticita', sulla crosta del formaggio viene impresso a fuoco il marchio del Consorzio [di Tutela] del Parmigiano-Reggiano e un numero di serie. Ciononostante, questo formaggio viene spesso contraffatto. Ogni anno in tutto il mondo le vendite di falso parmigiano sono stimate intorno ai 1,9 miliardi di euro: l'equivalente della somma che i rivenditori onesti guadagnano grazie alle vendite del parmigiano originale. Per rendere il formaggio piu' sicuro, i produttori vogliono ora inserire in ogni forma di formaggio un microchip, piu' piccolo di un granello di sale ed estremamente resistente, che - se scannerizzato - e' in grado di fornire un codice univoco che attesta l'autenticita' del prodotto. Anche la Svizzera ha un problema con il formaggio. Sul tavolo del laboratorio di Remo Schmidt, ricercatore di Agroscope - il centro di competenza svizzero per la ricerca agronomica - finiscono spesso forme di formaggio sospettate di essere contraffatte, spiega lo stesso Schmidt. "Ma se il formaggio non e' contrassegnato - sottolinea - non abbiamo modo di provarlo. Il formaggio dovrebbe quindi avere un contrassegno univoco, qualcosa di simile agli ologrammi sulle banconote". "Le etichette digitali sono un modo semplice per garantire l'autenticita' dei prodotti alimentari", afferma Harald Rohm, professore di tecnologia alimentare all'Universita' Tecnica di Dresda. Rohm non vede alcun pericolo rispetto al possibile ingerimento del microchip, perche' - spiega - "il chip e' posto all'interno del marchio della caseina, una sorta di etichetta che viene ovviamente rimossa prima che il formaggio venga tagliato". I chip sono attualmente in fase di sperimentazione da parte del Consorzio del Parmigiano Reggiano e sono stati installati su circa 100.000 forme di formaggio. Ma il nuovo metodo ha dei punti deboli: pochissimi consumatori acquistano una forma intera di formaggio, che pesa ben 30 chilogrammi e costa piu' di 500 euro. Generalmente il formaggio viene infatti acquistato in tagli piu' piccoli, che non possono essere identificabili tramite microchip, per questo, alcuni produttori alimentari intendono etichettare il prodotto in quanto tale. Il termine tecnico per questo e' "protezione anticontraffazione intrinseca". Tuttavia, "la marcatura intrinseca e' complicata perche', per evitare di adulterare il prodotto, bisogna utilizzare qualcosa che e' gia' presente al suo interno, altrimenti verrebbe modificato nell'aspetto o nel gusto" - spiega Remo Schmidt. "Al tempo stesso - aggiunge - sarebbe necessario qualcosa di talmente unico da poter essere identificato in maniera inequivocabile". Nel caso del formaggio a pasta dura svizzero, si tratta di una terza coltura batterica. Tradizionalmente, per produrre il formaggio, al latte crudo vengono aggiunte due colture batteriche per acidificare il latte. Per contrassegnare il formaggio viene ora aggiunta una terza coltura che non sarebbe necessaria per la produzione del formaggio. La coltura batterica, che viene ottenuta dal latte crudo ed e' stata sviluppata nel corso di diversi anni, viene registrata con il suo DNA in un database. "Si tratta di una delle circa 1.000 specie batteriche che e' possibile trovare nel latte crudo, ed e' un batterio come qualsiasi altro", afferma Schmidt. A fornire ai produttori di formaggio tali batteri e' lo stesso centro di competenza della Confederazione Svizzera per la ricerca agronomica. I consumatori non notano la coltura batterica aggiuntiva, ma i ricercatori possono verificare se il DNA dei batteri presenti nel formaggio e' conservato nel loro database. Se non e' presente, hanno la prova che il formaggio e' contraffatto. Al momento questo processo e' molto complesso, perche' ogni test richiede un'analisi del DNA in laboratorio, per questo Schmidt e il suo team vogliono sviluppare un test rapido che - come per i test per il Covid-19 - possa essere utilizzato anche da personale non specializzato. Presto, quindi, i consumatori potranno verificare da soli se il formaggio che hanno acquistato e' veramente svizzero o se, invece, si tratta solo di un prodotto contraffatto a buon mercato.

fonte: Agrapress