Ismea, mentre in Italia calano le consegne di latte vaccino l’import si impenna (+76%)

Italia

Nella prima metà del 2023 il mercato lattiero caseario a livello globale appare influenzato da dinamiche contrapposte: da un lato, una scarsa disponibilità di materia prima nei principali bacini produttivi e, dall’altro, consumi domestici contenuti dall’inflazione e una domanda internazionale attendista. A fronte della ripresa produttiva della UE, i prezzi del latte alla stalla sono risultati in costante calo: in media per i 27 paesi membri si è passati dai 55,7euro/100 kg di gennaio ai 45 euro/100 kg (provvisorio) per il mese di giugno, con un calo del 19,5% rispetto al primo semestre 2022.

La contrazione della domanda di prodotti lattiero-caseari, sia da parte dei principali paesi importatori sia da parte dei consumatori interni, sta spingendo al ribasso i listini delle commodity casearie sui principali mercati europei di riferimento. Per il latte intero in polvere e il burro, la minori richieste provenienti dalla Cina e dal Regno Unito hanno determinato un rapido crollo delle quotazioni già a partire dallo scorso autunno e, a giugno 2023, si sono rispettivamente stabilizzate a 249 euro /100 kg (-38% rispetto allo stesso mese del 2022) e a 472 euro/100 kg (-35% rispetto a giugno 2022). Dinamica simile anche per i prezzi del latte scremato in polvere, scesi nel mese di giugno al livello di 354 euro/100 kg (-31% su base annua), ma in questo caso la spinta al ribasso è stata innescata anche da una maggiore concorrenzialità del prodotto statunitense. Meno intensa, ma comunque a due cifre, la variazione registrata sul mercato dei formaggi, con l’Edam mediamente quotato a 400 euro/100 kg nel mese di giugno (-21%).

Il contesto nazionale

Per quel che riguarda la produzione in Italia, le consegne di latte vaccino  continuano a mantenersi al di sotto dei livelli dello scorso anno e, secondo i dati Agea, la flessione registrata nei primi quattro mesi del 2023 è pari al 2,6%. L’atteggiamento prudente degli allevatori è stato ancora influenzato dall’elevato livello dei costi delle materie prime nei mesi primaverili e la situazione meteorologica dell’estate in corso – con prolungate ondate di calore nei mesi di giugno e luglio – non lascia prevedere cambiamenti di rotta in considerazione dell’impatto dello stress termico sulla produttività delle bovine. 

Nonostante la minore offerta nazionale, la pressione competitiva esercitata dai principali fornitori e la strutturale dipendenza dall’estero, stanno spingendo al ribasso le contrattazioni del prezzo alla stalla. Per le consegne del mese di giugno, il prezzo medio pagato agli allevatori italiani si è attestato su un provvisorio di 52,3 euro/100 litri con quasi 3 euro/100 litri in meno rispetto al livello record dello scorso dicembre, ma con una variazione ancora positiva su base tendenziale rispetto ai livelli dello scorso anno (+5,7% rispetto a giugno 2022).

Rispetto alla fiammata registrata nelle fasi iniziali del conflitto in Ucraina, i listini degli alimenti zootecnici stanno progressivamente rientrando, anche a fronte di una produzione mondiale attesa in crescita sia per la soia che per il mais. In particolare, nel mese di giugno, la farina di soia è stata quotata a quasi 500 €/ton (-12% rispetto allo stesso mese del 2022, ma ancora superiore del +10% rispetto ai livelli di due anni fa); per il mais nazionale, invece, i prezzi sono scesi più rapidamente, attestandosi nel mese di giugno a circa 250 €/ton (-30% rispetto allo stesso mese del 2022 e -6% rispetto ai livelli di due anni fa). Nei prossimi mesi non si escludono, tuttavia, nuove possibili tensioni sul mercato nazionale a causa della perdita delle produzioni foraggere nei territori alluvionati dell’Emilia-Romagna, in cui insistono aziende zootecniche (anche suinicole) che sono alle base delle più importanti filiere produttive del made in Italy agroalimentare (formaggi grana DOP e prosciutti crudi). Per quanto riguarda i prezzi dei principali prodotti guida, il mercato nazionale è assestato su livelli ancora elevati (indice Ismea dei prezzi all’origine per lattiero caseari +16,2% nei primi cinque mesi del 2023), ma la tendenza al rialzo sembra essersi arrestata e in alcuni casi il confronto con lo scorso anno presenta i primi segnali di inversione, come per il Parmigiano Reggiano (-1,7% nel periodo gennaio-giugno 2023 per il prodotto con stagionatura 12 mesi). Per il Grana Padano (stagionatura 9 mesi) la contrazione dei listini risulta più contenuta, arrivando a giugno a 8,74 euro/kg, pari a -1,8% rispetto a quanto si verificava un anno fa. Le quotazioni delle prime settimane di luglio confermano la tendenza al ribasso, ma l’equilibrio di mercato della seconda metà dell’anno dipenderà anche dagli andamenti produttivi: attualmente sulla base dei dati diffusi dai Consorzi di tutela, nei primi sei mesi del 2023 la produzione di Padano è in aumento del 6% rispetto all’annata precedente mentre per il Reggiano si registra un lieve contenimento dell’offerta (-0,7% rispetto a gennaio-giugno 2022). Per quanto riguarda gli altri formaggi da inizio anno si registra una lieve flessione dei prezzi che, tuttavia, rimangono ancora nettamente al di sopra dei livelli del 2022: in dettaglio, nel mese di giugno 7,40 euro/kg per Gorgonzola maturo dolce (+11,4% su base annua); 7,66 euro/kg per il Provolone Valpadana fresco (+16,2%); 7,70 euro/kg per la mozzarella vaccina (+17,6%). Da evidenziare, infine, la progressiva normalizzazione dei listini del burro, che a giugno si sono attestati a 2,47 euro/kg per lo zangolato segnando un -50% circa rispetto alle quotazioni di un anno fa.

Commercio estero

Nel periodo gennaio-aprile 2023, il fatturato realizzato dai formaggi italiani sui mercati esteri ha continuato ad aumentare (+19% in valore), ma a fronte di volumi in frenata rispetto allo scorso anno (+2,6%) a causa dei prezzi elevati che stanno raffreddando alcuni mercati importanti, come Regno Unito (-2,7% in volume) e USA (-10%). La minore disponibilità interna e la maggiore convenienza delle forniture estere stanno spingendo le importazioni di latte in cisterna (+76,1% in volume), con un’interruzione quindi della tendenza negativa degli ultimi anni. In particolare, anche in considerazione di forniture più convenienti, la Germania si è ricollocata nello storico ruolo di primo fornitore (nel 2022 tale ruolo era stato ricoperto dalla Slovenia) grazie a spedizioni verso l’Italia praticamente quadruplicate nei primi quattro mesi del 2023.

Acquisti domestici

L’aumento dei prezzi registrato nella fase al dettaglio sta facendo arretrare la domanda al consumo. Per quanto riguarda latte e derivati la spesa delle famiglie è in aumento del 18,8% nei primi sei mesi del 2023, a fronte di una riduzione delle quantità nel carrello del -1,8%. Dunque, di fronte all’aumento dei prezzi e alla generalizzata perdita del potere di acquisto, la riduzione delle quantità acquistate sembra essere l’atteggiamento prevalente delle famiglie italiane La contrazione delle quantità acquistate sta interessando tutte le principali referenze merceologiche, colpendo soprattutto alcuni prodotti di base come il latte fresco (-4,3% nei primi sei mesi del 2023) e lo yogurt (-3,1%).

Prospettive future 

Nei prossimi mesi l’incognita maggiore si pone sulla domanda, considerato che il livello elevato dei prezzi impatta sia sul fronte domestico sia sulla competitività dei prodotti italiani nei mercati esteri. Altro elemento di incertezza riguarda gli effetti del clima sulle produzioni in stalla e in campo. In un contesto caratterizzato da un rallentamento della domanda mondiale, con il Pil di importanti partner commerciali atteso in frenata, ci si aspetta una netta decelerazione degli scambi con l’estero, come già si è palesato con i primi rallentamenti sul fronte delle esportazioni, segnale anche di una preoccupante perdita di competitività per il made in Italy caseario, in particolare su mercati strategici come quello “a stelle e strisce”. La sfida della sostenibilità ambientale resta comunque un fattore critico per tutto l’agroalimentare: senza azioni di adattamento e mitigazione ai cambiamenti climatici in Italia, in particolare, esiste il rischio concreto di danneggiare o addirittura perdere fette significative di un settore vitale dell’economia nazionale, come accaduto con la recente ondata di maltempo che ha colpito l’Emilia Romagna con effetti pesanti sul settore agricolo-zootecnico.

fonte: Ruminantia